Enone, Vienna, van Ghelen, 1729-1730

 ATTO QUINTO
 
 SCENA PRIMA
 
 PRIAMO
 
 PRIAMO
 Qual è questo de l’alma atroce affanno
1120per l’infelice giovane? Rimorso
 non è, se giusto fui. Non è pietade,
 s’è dolor tanto acerbo; e s’è dolore,
 chi mel desta nel core?
 Che sarà mai?
 
 SCENA II
 
 EGLE e PRIAMO
 
 EGLE
                              Se fosse
1125men grave la cagion, donde son mossa,
 non oserei di presentarmi, o sire,
 al tuo aspetto real, semplice ninfa,
 solo ai suoi boschi e a le sue greggi avvezza.
 PRIAMO
 Qual sei? Perché a me vieni? E che richiedi?
 EGLE
1130D’Agelao sono figlia. Egle è ’l mio nome.
 PRIAMO
 Figlia di fedel servo, a me sei cara.
 EGLE
 Pria che segua il mio dir, per lui t’imploro
 perdon.
 PRIAMO
                  Sol per chi è reo perdon si chiede.
 EGLE
 Tal egli è forse, se pietade è colpa.
 PRIAMO
1135In me svegli un timor. Fa’ ch’io t’intenda.
 EGLE
 Ad esser sei vicin misero e iniquo.
 PRIAMO
 Due gran mali ad un re, miseria e colpa.
 EGLE
 Ambo sfuggir potrai; ma dammi il padre.
 PRIAMO
 Te ne assicuro a sì gran prezzo. Parla.
 EGLE
1140In Paride tu uccidi un che è tuo figlio.
 PRIAMO
 Paride figlio mio? Sogni o vaneggi.
 EGLE
 Né sogno né vaneggio. Il ver ti dico.
 PRIAMO
 Non è mio figlio chi pastor qui nacque.
 EGLE
 Qui non ebbe il natal ma qui la vita.
 PRIAMO
1145Le fasce egli sortì da ignobil padre.
 EGLE
 Di’ da padre crudel che espor lo fece.
 PRIAMO
 Tal era il mio; ma ’l divorar le fiere.
 EGLE
 Le fiere men di te fur dispietate.
 Paride è ’l tuo Alessandro.
1150Del padre ecco il delitto, ecco il tuo ancora,
 se non rivochi la crudel sentenza.
 PRIAMO
 A me venga Agelao.
 EGLE
 Timida a lui m’ascondo,
 che tanto palesai geloso arcano.
 PRIAMO
1155Donde mossa a parlar?
 EGLE
                                             Per non vederti
 commetter crudeltà così esecranda.
 PRIAMO
 Quando e perché l’alto segreto il padre
 ti confidò?
 EGLE
                       Non so tacerti il vero.
 Atterrir volle un mio nascente affetto.
 PRIAMO
1160Ciò che zelo e pietà parea poc’anzi
 era dunque in te amor. Non arrossirne.
 EGLE
 Credine ciò che vuoi. Pari è tuo figlio.
 PRIAMO
 Priamo in affar sì grande
 facil non creda a giovanetta amante.
 EGLE
1165Agelao torrà i dubbi ai detti miei.
 Già parlò il mio dover. Tu padre sei.
 
    Pietosa o amante credimi;
 quegli è tuo sangue e meglio
 il cor ti parlerà.
 
1170   Contro di lui ti basti
 che usasti, padre barbaro,
 la prima crudeltà.
 
 SCENA III
 
 PRIAMO e AGELAO
 
 PRIAMO
 Fieri sospetti Egle in me ha desti. È male
 il creder tutto; e ’l creder nulla è peggio.
1175(Arte or mi giovi). Sì dolente e mesto
 ten vieni al tuo signor?
 AGELAO
                                             Deh! Come, o sire,
 non esserlo di Pari al duro caso?
 PRIAMO
 Te ne ho pietà. Bambino
 so che ’l prendesti ad educar qual padre.
 AGELAO
1180Gli accorti modi e l’alma eccelsa e i rari
 pregi mel rendean caro al par di figlio.
 PRIAMO
 Nato certo egli par di regal sangue.
 AGELAO
 L’onor di queste selve in lui fia spento.
 PRIAMO
 Quanta i suoi genitor n’avranno angoscia!
 AGELAO
1185Fortuna loro è l’ignorarne il fato.
 PRIAMO
 L’ignorano? T’inganni. Io te ne accerto.
 AGELAO
 Fama in recar sciagure ali ha sì preste?
 PRIAMO
 Eh! Parlò già la figlia. Or parli il padre.
 AGELAO
 (Ahimè! Che ascolto? Egle mi avria tradito?)
1190Non so...
 PRIAMO
                   Servo infedel, cessa una volta
 d’esser mendace; o ti trarranno a forza
 torture e verghe il mal celato arcano.
 AGELAO
 (Fu il parlar già mio fallo, or fia mia morte).
 PRIAMO
 Attendine pietà, se il ver ne dici.
 AGELAO
1195Qual la posso sperar colpevol servo,
 se non l’ebbe da te figlio innocente?
 PRIAMO
 Di questo figlio vo’ saper che avvenne.
 AGELAO
 In Paride egli vive, a più spietato
 destino, ahi! riserbato.
 PRIAMO
1200E che? Tu colà esposto
 nol lasciasti a le fiere?
 AGELAO
 Lo feci; ed il meschino
 stato ne fora lagrimevol pasto;
 ma quelle più di te n’ebber pietate.
 PRIAMO
1205Ne la selva il lasciasti; e sai che in esso
 impietosir le belve?
 AGELAO
 L’ignorerei, se dopo corso il quinto
 dì non tornava a riveder l’infausto
 loco...
 PRIAMO
              E in vita il trovasti?
 AGELAO
                                                    Illeso il vidi
1210a le poppe allattar d’orsa, a lui fatta
 e nutrice e custode.
 Qual rimanessi, non saprei. Da interna
 forza sentia spignermi a lui; ma tema
 mi ritenea. La belva
1215va intanto e si rinselva
 a cercar nutrimento. Alor fo core.
 Mi avanzo e, preso il pargoletto in braccio,
 in mia casa lo reco e sotto il nome
 di Paride...
 PRIAMO
                        Possenti
1220numi, che vi fec’io?
 Perché sul figlio mio
 forzarmi ad infierir? Potea parerne
 la primiera condanna o timor vano
 di sogno femminile o ambiziosa
1225gelosia di comando.
 Ma prescritta mi è l’altra
 da quel dover che, a chi sceglieste al regno,
 per vostra legge incombe. O legge! O pena!
 Povero figlio! Esser non posso padre,
1230se non mi rendo ingiusto;
 e non posso esser giusto,
 se non son parricida.
 AGELAO
 E ’l cor ti soffrirebbe
 di lasciarlo perir?
 PRIAMO
                                   Così richiede
1235la comun causa e la giurata fede.
 Enon si rassicuri. I suoi natali
 tacciansi a lui per risparmiargli affanno;
 e ’l morir gli si affretti. Io vado intanto
 la sua, la mia sciagura a pianger solo,
1240che sugli occhi di un re par vile il pianto;
 ma ne l’alma di un padre è giusto il duolo.
 
    Padre sono; e son regnante;
 e condanno il figlio a morte.
 
    Lo compiango e vo’ ch’ei pera.
1245Sii, natura, in me più fiera,
 o, virtude, in me più forte.
 
 SCENA IV
 
 AGELAO
 
 AGELAO
 E tu sei genitor? Solo una volta
 desti il viver al figlio e due gliel togli.
 Egle, qual frutto cogli
1250di tua pietà! Non salvi
 l’amante e arrischi il padre. Ah! Che non tanto
 silenzio m’imponea timor di pena,
 quanto il veder sul capo sventurato
 premer la man d’inesorabil fato.
 
 SCENA V
 
 ENONE con EURIALO e AGELAO
 
 EURIALO
1255Figlio di Priamo è l’uccisor di Niso? (Ad Enone)
 ENONE
 Egle testé mel disse.
 AGELAO
                                        E ’l ver ti disse.
 ENONE
 Tradite or sì vi veggo, o mie giust’ire.
 Egle mel minacciò.
 AGELAO
                                      Saresti ancora
 tanto crudel, fino a portar sul trono
1260le furie tue? Fino a voler che un padre
 si disumani?
 ENONE
                           A suo piacer ne faccia,
 che ’l può, contra la fede e contra il giusto.
 A me resterà sempre
 la ragione de l’odio, ancorché vano.
 AGELAO
1265E se il re persistesse
 nel giudicio già dato e tu ’l potessi
 rivocar co’ tuoi preghi?
 EURIALO
 Enon dal giuramento
 assolver nol potria.
 ENONE
1270Né potendo il vorria. Suo corso adempia
 ciascuno, ei di giustizia, io di vendetta.
 AGELAO
 Eh! No, serbalo a te, serbalo al padre;
 e cangerai, nuora di re, tua sorte.
 ENONE
 Enon resti a’ suoi boschi. Ei vada a morte.
 AGELAO
1275Scampo non s’apre al misero, che troppo
 congiurano in suo mal natura e amore.
 Malvagio consiglier! Barbaro core! (Ad Enone)
 
 SCENA VI
 
 ENONE ed EURIALO
 
 ENONE
 Barbaro, ma in mia pena.
 EURIALO
                                                  Enon, di’ il vero.
 Non è più Niso estinto
1280de’ tuoi crucci il più fiero.
 In Paride tu l’hai.
 ENONE
                                   Fuor che di sdegno,
 d’ogni altro affetto mio Paride è indegno.
 EURIALO
 Altro suonan le voci, altro il cor pensa.
 ENONE
 Di ciò che pensa il cor, dà segni il labbro.
 EURIALO
1285Niso sorger potesse a nuova vita.
 ENONE
 Alor sì che placarsi
 potrebbe il cor. Ma, oh dio!
 quel riviver non può né ceder questo.
 EURIALO
 Non mi lasciar. Con me qui Priamo attendi.
 ENONE
1290Anzi del suo dolor fuggo l’aspetto
 che aggraverebbe il mio.
 EURIALO
                                                Cosa udir grata
 forse ad ambi farò.
 ENONE
                                      Dopo il funesto
 nuncio che mi recasti, io nulla spero.
 EURIALO
 Spesso ne’ casi avversi,
1295donde si attende men, sorge fin lieto.
 ENONE
 Non pensassi far sì che preghi io porga
 per l’infelice. Voglio
 pria vederne lo strazio e poi morire.
 EURIALO
 Veggo i custodi. Il re non è lontano.
1300Tu spera e taci.
 ENONE
                               Ogni conforto è vano.
 
    Al nuovo april giuliva
 torna la selva e ’l prato.
 Ma che la dolce spene
 più nel mio sen riviva
1305possibile non è.
 
    Dolce goder, se ’l bene
 giammai non si perdesse
 o se perir potesse
 ogni memoria ancora
1310del ben che si perdé.
 
 SCENA VII
 
 PRIAMO con guardie e i suddetti
 
 PRIAMO
 Ora il sogno, or le smanie... Eurialo, dimmi
 e finisci di uccidermi, del figlio
 la costanza, la morte...
 EURIALO
 Non t’irriti, o signor, ch’io, posto indugio
1315al sovrano comando, a te qui venga
 cosa a svelar che, tua giustizia salva,
 te varrà a trar d’affanno e d’ira Enone.
 PRIAMO
 Molto di te prometti.
 ENONE
 Ei gitterà le sue parole al vento.
 EURIALO
1320Per la morte di Alceo, giusta sentenza (A Priamo)
 cadde in Niso omicida; e l’eseguirla
 Paride a me commise...
 ENONE
 Ma dopo la promessa (A Priamo)
 di renderlo a me salvo
1325e dopo le giurate infauste nozze.
 EURIALO
 Detto questo anco avrei. L’impeto affrena. (Ad Enone)
 Del tuo venir si sparse (A Priamo)
 intanto il lieto avviso. A me, cui molto
 de l’amico increscea, nacque in pensiero
1330che a l’età riflettendo
 tu del garzone, al chiaro sangue, al fallo
 in caso repentino, ai già conclusi
 sponsali e al ben che ne verrebbe a questa
 giovane sfortunata...
 ENONE
1335E tanto iniquamente, ahimè! tradita. (A Priamo)
 EURIALO
 (Donna non può tacer). Temprato avresti (A Priamo)
 il rigor de la legge e che ben fosse
 serbarlo al tuo giudicio.
 ENONE
 Deh! Posto avessi in opra (Ad Eurialo)
1340un sì nobil pensier, che dentro il cieco
 carcer non giaceria l’informe busto...
 PRIAMO
 Attendi il fine e non turbar suoi detti. (Ad Enone)
 ENONE
 Taccio; ma chi ’l potria
 in sorte sì crudel qual è la mia?
 EURIALO
1345Standomi fermo a salvar Niso, io feci (A Priamo)
 segretamente ad uom, per gravi eccessi
 già condannato a morte,
 troncare il capo e, fattol ricoprire
 de le vesti di Niso, il grido sparsi...
 ENONE
1350Cieli! Ed è vivo il mio germano? (Ad Eurialo)
 EURIALO
                                                              È vivo.
 PRIAMO
 E con lui vivrà ancora il figlio mio.
 Paride a me. Custodi,
 accelerate il passo.
 ENONE
 Tanto è il piacer, che mi si affolla intorno
1355al cor, che non so donde
 io m’abbia a cominciar. Pietoso amico!
 Clemente re! Diletto Niso! Amato
 Pari! Felice Enon! Sire, più ch’altro,
 mi fa lieta il mio ben, perché è tuo bene.
1360Tu con me, tu per me misero... Ah! Fammi
 contenta appien, come tu appieno il sei.
 Dammi, giusto e pietoso,
 dammi col reo fratello il caro sposo.
 
 SCENA ULTIMA
 
 PARIDE, EGLE, CLEONE, AGELAO, seguito di troiani, di pastori e di ninfe e i sopradetti
 
 PRIAMO
 Vieni omai, figlio mio, vientene in queste
1365braccia. Non lo sdegnar, se ben due volte
 ti fu il padre sì rio. Lo voller forse
 per far prova di me gli avversi dei.
 Ma alfin s’impietosir. Tu i mali obblia,
 che ti feci costretto, ed ama il padre.
 PARIDE
1370Padre... Sì dolce nome
 più non mi uscì del labbro;
 padre e signor, mi è cara
 la vita che mi desti e che or mi rendi,
 per poterla in tuo pro, quand’uopo il chiegga,
1375spender con più di gloria; e assai più cara
 l’avrò, se tu mi plachi
 quella, per cui sol vita
 essermi può gioconda.
 PRIAMO
 Non do leggi al suo core. Ella risponda.
 ENONE
1380Crudel! Ch’io più sia tua? Ch’io più mi scordi
 degli oltraggi, dei pianti?
 Non lo farò, no, se mi sforzi ancora
 l’antico amor, no, se il tuo padre istesso.
 Credilo, non a me... ma a quest’amplesso.
 PARIDE
1385Sposa... Amor mio... Che gioia!
 Fido ognor ti sarò, quale or ti sono.
 ENONE
 Sì, che invan spereresti altro perdono.
 PARIDE
 Egle, Eurialo, Agelao, siate or voi tutti,
 come il foste de’ mali,
1390di mie fortune a parte.
 AGELAO
 Mi trae dagli occhi l’allegrezza il pianto.
 PARIDE
 Ed Eurialo non parla? Ei cui primiero
 si deve il merto di sì lieti eventi?
 Egle, sia questa un’opra
1395de l’amor tuo.
 AGELAO
                             Ben vi consente il padre.
 EGLE
 Eurialo, l’amor tuo servì a’ miei voti
 più di quel di Cleon. Ti accetto ed amo.
 EURIALO
 Del felice mio inganno or colgo il frutto.
 CLEONE
 (E a me sol resta la vergogna e ’l lutto).
 EURIALO
1400Vedi, Cleon, se l’amistà trionfa.
 Egle è più tua conquista e mio dolore?
 CLEONE
 (A non servir più ingrate apprenda il core).
 PRIAMO
 Niso non obbliamo. A lui si vada,
 dubbio ancor del suo fato.
 TUTTI
1405Non mai giorno splendé più fortunato.
 CORO
 
    Quel dolce mormorar di cheto rio,
 quel molle susurrar d’aura soave
 altro non è che applauso a sì bel giorno.
 
    Spoglia l’Ida per lui l’ orror natio;
1410per lui di miglior messe è biondo il campo;
 per lui di più be’ fiori è ’l prato adorno.
 
 Fine del dramma
 
 LICENZA
 
 Fra le tre dee l’alto litigio insorse,
 per cui celebri ancora
 vanno le fole achee. Ciascuna altera
1415di sua dote maggior, qual per beltate,
 qual per senno e valor, qual per grandezza,
 ne contesero il vanto; e l’aureo pomo,
 che le gare svegliò, stava in potere
 del bel pastore ideo, giudice eletto
1420a decretar per la più degna il pregio.
 Paride, si sospenda
 il giudicio fatal. Due tu ne oltraggi
 nel trofeo d’una sola. Esser vuoi giusto
 ed a tutte gradir? Vedi ogni dote
1425di beltà, di grandezza e di virtute,
 in quell’emule dee sparsa e divisa,
 meglio in una raccolta.
 Questa qual fia? L’austriaca augusta Elisa.
 
    Chi non crede insieme accolto
1430alto senno e gentil volto,
 core invitto e dolce impero,
 vegga Elisa e lo dirà.
 
    Al suo pregio, al suo valore,
 merto egual, non che maggiore,
1435non ammira il secol nostro
 né sognò la prisca età.
 
 Ballo di nobili troiani.